L’Italia è il paese delle emergenze. Non per nulla una delle più grandi strutture è la Protezione Civile, risultato di un lungo processo che ha avuto il proprio apice nei giorni del terremoto che sconvolse il Friuli, nel 1976.
L’attuale responsabile del Dipartimento della Protezione Civile, il Sottosegretario Guido Bertolaso, nel corso di un’audizione alla Camera dei Deputati ha minacciato le dimissioni a causa della mancanza di fondi. Il Presidente del Consiglio si è affrettato a chiarire che i finanziamenti verranno garantiti, i soldi salteranno fuori.
L’Italia è un paese che crolla. Per motivi puramente geologici il nostro territorio è particolarmente esposto a frane, mentre la nostra gestione ha provocato un sempre maggiore rischio per quanto riguarda le alluvioni. Il così detto “dissesto idrogeologico” è uno dei maggiori crucci per chi gestisce il territorio, cui si affiancano i terremoti, non infrequenti. Le leggi sulla Difesa del Suolo si sono susseguite nel corso degli anni, senza risolvere molto. Purtroppo la logica con cui si è scelto di operare nei confronti di questi problemi non è partita dalla conoscenza dei fenomeni naturali che li determinano, ma dalla presunzione di potere intervenire con opere di ingegneria e “mettere in sicurezza” ogni metro quadrato del Paese. Illusione che può avere solamente chi è ignorante, nel senso più puro del termine, ovvero chi non conosce la natura ed i suoi fenomeni.
Il risultato è che miliardi di Euro sono stati spesi, e vengono tutt’ora spesi, per realizzare opere il cui unico risultato è quello di fare girare denaro, arricchire i costruttori, dare uno stipendio più o meno dignitoso ai lavoratori. Il risultato non sarebbe disprezzabile, in un paese del terzo mondo. Ma l’Italia ha la presunzione di considerarsi un Paese avanzato, membro del G8. Non stiamo parlando dell’Africa sub-sahariana, ma dell’Europa, per quanto meridionale.
Le opere eseguite per conto della Protezione Civile, per mettere “in sicurezza” il territorio, i beni e la popolazione, non devono essere neppure sottoposte ad un esame preventivo dal punto di vista ambientale. Sono infatti escluse dall’applicazione delle leggi sulla Valutazione di Impatto Ambientale, che tutti i progettisti ed i costruttori vedono come il fumo negli occhi, un intralcio al loro lavoro.
Purtroppo però le frane continuano a cadere, i fiumi esondano più di prima e con maggiore violenza, i danni prodotti, sia in termini economici che di vite umane perse, crescono di anno in anno. Nel frattempo migliaia di laureati in Geologia sono disoccupati, o fanno mestieri del tutto diversi da quelli del Geologo. Il che, in un paese che frana, mi sembra francamente assurdo.
Personalmente distinguo due aspetti dell’attività del Dipartimento della Protezione Civile. Le operazioni di soccorso, realizzate anche grazie ad un numero impressionante di volontari, sono un esempio splendido di ciò che dovrebbe accadere in ogni paese civile. Al contrario, il finanziamento a pioggia di opere inutili, pericolose ed estremamente dannose sia sotto il profilo ambientale che della sicurezza è abominevole.
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dicembre 21, 2008 alle 1:09 PM
Ciao, io sono calabrese, per la precisione di Vibo Valentia, dove più di un anno fa c’è stata una cosiddetta “Alluvione”, per intenderci quella che ha fatto vari danni in paesi come Bivona e Vibo Marina. Anche in questo caso il problema non è il territorio, ma gli occhi chiusi! Certo che si crea una situazione del genere se i canali di scolo sono otturati! In Sardegna, certo che molta gente perde la casa, hanno costruito sul greto del fiume! Certo che gli alberi cadono sulle automobili di passaggio, il terreno che tiene ferme le radici è stato ridotto dall’opera umana di costruzione! La donna morta pochi giorni fa a Roma non è morta perché ignoriamo la portata dei fenomeni naturali, ma perché la strada é stata fatta male e l’acqua si é accumulata come e dove non avrebbe dovuto.
Certo il nostro é un paese strano, pieno di contraddizioni e ingiustizie, ma qui il problema é il modo in cui noi italiani viviamo e gestiamo le situazioni della vita.
Ciao
Chiara
dicembre 21, 2008 alle 7:14 PM
Hai centrato perfettamente il problema Chiara. Conosco poco la tua zona, ma piuttosto bene la provincia di Reggio e le sue fiumare. Laggiù, così come nel resto del Paese, si è costruito sia abusivamente che legalmente su frane e nell’alveo dei torrenti. Penso che la situazione peggiore sia quella delle costruzioni legali in aree pericolose, perché autorizzate proprio da chi dovrebbe avere come priorità la sicurezza. Capita spesso di leggere sui piani territoriali che si deve restringere lo spazio proprio dei fiumi per non interferire con lo sviluppo economico. Un’autentica follia! Poi il fiume si riprende il suo spazio, l’acqua invade case, capannoni, negozi, e noi tutti dobbiamo pagare per aggiustare i danni provocati da opere che abbiamo sempre pagato noi. Chi ci guadagna? Le imprese edili e quelle che cavano inerti. Si tratta dell’ambiente più compromesso dal punto di vista morale e legale in tutta Italia, ma anche di un comparto economico importante, in un paese che si ostina a dichiararsi avanzato, ma in verità non lo è. Temo che l’unica cosa che unisce il Paese dalle Alpi a Lampedusa sia la follia nella gestione delle cose pubbliche.
ottobre 4, 2009 alle 6:14 PM
[…] ed in un certo senso è vero. Ne ho già scritto quasi un anno fa (vedi il post: Siamo una frana?). Sono problemi che tornano continuamente, ogni anno, ma per comprendere la recente tragedia del […]
agosto 17, 2010 alle 2:14 PM
[…] di vista differente. Come ho già scritto molte volte, l’Italia è un paese che crolla (vedi Siamo una frana?), ma la cultura che sta dietro le parole di Bertolaso, ed è condivisa dalla maggioranza degli […]