Morti diverse?

Tre morti sul lavoro in una settimana in Friuli Venezia Giulia. Quattro alpinisti morti nel gruppo del Monte Bianco nel finesettimana.
Sicuramente qualcuno farà una classifica e stabilirà che si tratta di morti diverse, per livello di dignità. Perché i lavoratori erano costretti ad andare in fabbrica per vivere, mentre i quattro alpinisti avrebbero potuto benissimo starsene a casa a guardare la televisione, come ha fatto la maggioranza di noi. E questo è vero.
Ma esiste più di un semplice comune denominatore in queste sette morti. A parte il dramma delle famiglie, che è assoluto e non merita classifiche. Il discorso è che sia in fabbrica che in montagna le tragedie si possono evitare. O per lo meno è possibile renderle molto rare.
Nel caso delle morti sul lavoro in Italia vige un atteggiamento tipico degli struzzi: testa infilata nella sabbia. Continuiamo a ripeterci da decenni che gli operai muoiono perché i padroni li obbligano a lavorare in modo pericoloso. Questo è vero, perché in nome del profitto si spingono i lavoratori verso pratiche pericolose, ma esiste un altro aspetto della questione. Chi frequenta cantieri e fabbriche lo sa benissimo, ma si guarda bene dal fare un’analisi. Dato che non mi interessa essere popolare, la faccio io.
Non mi riferisco agli ultimi tre casi, di cui non conosco le dinamiche. Sarà chi indaga a dirci come sono andate le cose. Ma mi riferisco al clima generale che si vive in molti luoghi di lavoro che frequento ed ho frequentato in passato. In tanti casi le dotazioni ci sono, i lavoratori hanno a disposizione i dispositivi di protezione individuale, ma non li usano. Per mancanza di abitudine, perché alcuni si “vergognano” di mettere il casco. Perché i tappi per le orecchie e le cuffie sono fastidiosi. Perché le scarpe antinfortunistiche sono scomode. Perché i guanti dielettrici non lasciano molta libertà di movimento. La maschera per le sostanze volatili rende faticosa la respirazione, quella per le polveri è una noia d’estate.
Vero, certe dotazioni sono di una scomodità impressionante. Passo le giornate con degli stivali dotati di suola antiforamento, puntale in acciaio e rinforzi sulla caviglia. Si cammina da schifo. Dopo un po’ i piedi fanno male. Secondo me prima o poi mi faranno venire una tendinite. Ma li porto lo stesso, perché qualche anno fa un ferro, sporgente sul greto di un torrente, mi ha perforato il piede sinistro, trapassandolo fuori per fuori. E non è stato piacevole. Meglio soffire che rischiare di tranciare un tendine, per esempio.
Altri non la pensano come me. Così mi è capitato di vedere dita dei piedi rotte per la caduta di un oggetto pesante. E col cavolo che rinuncio alle scarpe con il puntale di acciaio. Le mie antinfortunistiche vecchie peraltro portano una profonda incisione sul puntale. Ci è caduto sopra un grosso pezzo di ferro. Mi avrebbe troncato le dita dei piedi se avessi indossato le scarpe da ginnastica. Ho visto gente buttare le antinfortunistiche sul cassone del camion ed indossare delle scarpucce morbide, comodissime, ma tanto valeva mettersi le infradito!
Poi quando prendi delle precauzioni c’è sempre quello che ti canzona. Se gli fai notare che nel suo interesse dovrebbe indossare le protezioni ti risponde “faccio questo lavoro da vent’anni”. Questa dovrebbe essere l’assicurazione. Sono vent’anni che non succede nulla, l’abitudine. Ed è l’abitudine che ti fa sottovalutare il pericolo ed i rischi, l’abitudine ti spinge a fare cose che non sono per nulla sicure, azioni che nessun sistema di protezione può controllare, perché tu sei umano e fai quello che ti passa per il cervello. L’abitudine ti fa rilassare e non ci pensi. Ma quando capita quel caso su mille, sei fottuto. Mutilato o morto, c’è poco da fare.
In questo le morti in fabbrica si avvicinano a quelle in montagna. Ovviamente la soluzione non è stare a casa, improponibile per chi lavora, ma essere sempre equipaggiati, essere sempre attenti. Bisogna stare attenti, altrimenti crepi. E questo non lo sento dire quasi mai. Perché se lo dici alcuni lavoratori (solo alcuni sia chiaro) si offendono, e guai ad offendere chi lavora. Piantano un casino, vanno fino in televisione.
Io mi incazzo invece. Mi incazzo perché vedere uno che se le cerca mi fa incazzare. Perché è un cattivo esempio per i suoi compagni. Perché la sua famiglia potrebbe trovarsi improvvisamente in una tragedia. Se stai facendo una traccia su un soffitto e non indossi né caschetto, né occhiali, né cuffie, puoi ferirti al capo, puoi lesionare gli occhi, sicuramente alla lunga diventerai sordo. Offenditi pure, ma devi stare attento! Io ci sto attento, sia quando lavoro per la minestra, sia quando vado in montagna per divertimento. La vita non è una sola, ma cerchiamo comunque di conservare più a lungo possibile questa.

Tag: , , , , , ,

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: