Marassi e l’Europa

Partita di calcio, Italia – Serbia, qualificazioni per Euro 2012. Una parte dei tifosi serbi inizia, prima dell’incontro, a compiere atti di violenza.
La polizia italiana fa la cosa giusta, una volta che sono nello stadio, nel “loro” settore, li lascia sfogare. Intervenire significherebbe uno scontro durissimo.

Il problema però sta a monte. Il nostro Ministero degli Interni lamenta una carenza di informazioni da parte dei colleghi serbi: non ci hanno avvisati di chi erano quei “tifosi” in arrivo.
Sarebbe stato dovere dei serbi farlo, ma c’è molto da dire riguardo al nostro sistema di sicurezza. Non sul comportamento dei poliziotti a Genova, che è stato ideale, ma sulla capacità di chi doveva prevedere e provvedere.
Non sono un granché come analista, ma sento un odore che conosco, una puzza che spesso è stata portata dal vento dell’Est. Forse gli italiani non la riconoscono, ma noi gente di confine l’abbiamo già sentita.

Più volte ho lamentato il fatto che per gli italiani “veri” l’Adriatico sia diventato una sorta di muro invalicabile: non sanno cosa ci sia dall’altra parte. Hanno una vaga conoscenza delle località balneari della Dalmazia, che peraltro chiamano costantemente con i soli nomi croati, ignorando l’esistenza della bimillenaria cultura latina dalmata. Figurarsi se gli italiani capiscono la Serbia, un misterioso paese dell’entroterra, con cui hanno avuto a che fare in modo conflittuale, ma tutto sommato a distanza sufficiente per non guardarsi veramente negli occhi.

Bisogna essere capaci di fare un calcolo banale, quanto 1 + 1, per prevedere il problema. Ma l’italiano medio, ed i nostri funzionari a quanto pare, non hanno gli elementi necessari, i dati da sommare.
La Serbia sta procedendo, a fatica, lungo il percorso che la porterà ad integrarsi nell’Unione Europea. L’Italia è uno dei paesi che sostengono e seguono con attenzione questo processo.

Non ho mai visitato la Serbia, ma conosco molti serbi, ho letto su quel paese ed ascoltato molto. La Serbia è un paese civile ed ha una grande cultura. Va detto che i serbi sono brava gente, la cui fama è stata rovinata da una parte significativa ma non maggioritaria del loro popolo. D’altronde anche gli italiani sono “tutti ladri e mafiosi” oppure “tutti fascisti”. Noi sappiamo bene di non esserlo, dovremmo per questo dare il beneficio del dubbio agli altri.

Il problema è che non tutti, in Serbia, hanno voglia di entrare nell’UE. Esistono ancora sentimenti nazionalisti, le ferite delle guerre che hanno chiuso lo scorso decennio, il peso delle bombe della NATO, ma anche e soprattutto interessi meno chiari.

Qui, in questo angolo anomalo dello stato italiano, dove siamo cerniera fra la penisola italica e quella balcanica, girano molte voci, più che voci. Armi, droga, prostitute, rifiuti. Pare siano gli articoli che viaggiano attraverso l’Europa orientale, e spesso le organizzazioni hanno una componente serba.
L’Italia guarda a Napoli, a Gioia Tauro, ma non pensa alle rotte balcaniche, di cui vede un terminale, in Puglia, che fa parte di un ramo ormai piuttosto impoverito.

Bisognerebbe studiare la storia recente per capire come il nazionalismo e la criminalità organizzata serba si siano uniti spesso. Un caso fra tutti, banale ma emblematico, è quello di Željko Ražnatović.

Mi stupisco ancora del fatto che in Italia molti non sappiano chi fosse Željko Ražnatović. Una carriera criminale notevole alle spalle, aveva percorso mezza Europa organizzando e realizzando rapine. Alcuni arresti, un chiacchierato legame con parte dei servizi segreti jugoslavi, poi il grande cambiamento. La Jugoslavija si disintegrò e Ražnatović capì che per la sua “impresa” si aprivano nuove prospettive. Belgrado offriva molte opportunità e personale.

Željko capì che gli sarebbe servito un esercito personale e scelse, per costituirlo, un centro di reclutamento particolare: lo stadio dove giocava lo Fudbalski Klub Crvena Zvezda, lo Stella Rossa per gli italiani. La tifoseria del FKCZ era (ed è) famosa per la violenza, un’energia che andava incanalata in qualcosa di “utile”. Utile per quell’uomo che si era trasformato in Arkan, uno dei più famigerati comandanti paramilitari delle guerre balcaniche di fine XX secolo. Non che sia stato l’unico, o il peggiore, ma Arkan ebbe sempre la capacità di finire in prima pagina, così è passato alla storia come il simbolo della pulizia etnica, il signore dei massacri.

Oggi le guerre sembrano finite, Željko “Arkan” Ražnatović è stato assassinato a Belgrado nel 2000, Slobodan Milošević è morto in carcere a l’Aja nel 2006, dove era detenuto e sotto processo per crimini di guerra. Ma la morte di alcuni protagonisti non ha posto la parola fine a fenomeni che avvelenano ancora la società di un paese che sembra ostaggio di una maledizione, un po’ come l’Italia di Gomorra.

Prima gli scontri generati dagli hooligans nazionalisti, a Belgrado, contro il gay pride. Poi i loro colleghi tentano di mettere a ferro e fuoco una città italiana. Tutto questo in coincidenza con la missione diplomatica americana, guidata da Hillary Clinton, giunta a Belgrado per promuovere le nuove linee di trasporto dei combustibili fossili che dovrebbero attraversare i Balcani. Quegli stessi tubi che costituivano l’obiettivo reale dell’attacco NATO sulla Serbia. Non raccontiamoci fesserie, se dovessimo schierare i Tornado ogni volta che nel mondo è in corso uno scontro etnico, non ci basterebbe il carburante.

Il sospetto è legittimo: qualcuno non vuole perdere il controllo sull’area balcanica e sulla Serbia. I vecchi soci in affari di personaggi come Arkan, gli sponsor di Milošević, sono vivi e vegeti, o forse si sono rinnovati. Fatto sta che improvvisamente la tifoseria violenta, quella stessa che formò le Tigri di Arkan, torna a fare parlare di sé e mette in imbarazzo il governo serbo, reo probabilmente di un’eccessiva apertura verso l’esterno.

L’analisi è ovviamente semplicistica, mancano molti dati di cui non dispongo, ma sembra se non altro plausibile, visti i fatti. Questa è l’analisi che avrebbero dovuto fare i nostri funzionari del Ministero degli Interni, per non farsi trovare impreparati, lasciando a dei poveri poliziotti il compito di fronteggiare quelli che sono probabilmente fra i migliori professionisti del disordine e della violenza in Europa, almeno da quando gli inglesi sembrano avere perso lo smalto di un tempo.
Bisognerebbe guardare più spesso verso l’altra riva dell’Adriatico, senza però farsi distrarre dalle spiagge della Dalmazia, nell’entroterra c’è mezza Europa, ve ne siete mai accorti?

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4 Risposte to “Marassi e l’Europa”

  1. Scintilena Says:

    Mi dispiace Mayo, troppo complicato per me, sono troppo lontano e disinformato, non ce la faccio a seguirti stavolta
    Andrea

  2. Giuseppe-Adriano Moro Says:

    La cosa non mi stupisce, in Italia l’informazione su ciò che avviene in Europa è molto scarsa. I mezzi di “informazione” irrigano il paese con notizie curiose e fatti di forte impatto emotivo, lasciandoci crogiolare nel piacere della chiacchiera paesana, senza voglia o modo di guardare oltre la recinzione dell’orto.
    Eppure i fatti cui faccio riferimento si sono svolti dopo il 1990 vicino ai nostri confini. In Italia c’è ignoranza, un’ignoranza buona ed incolpevole, quella di noi persone comuni, ed un’ignoranza indecente, quella di chi dovrebbe saperne di più. Mi è stato detto che durante gli scontri di Marassi i giocatori serbi siano andati verso i loro “tifosi” alzando al cielo la mano destra con tre dita sollevate. I commentatori italiani avrebbero detto “dicono che vinceranno 3 a 0”. Ho smesso di ridere mezz’ora fa. Quel gesto è il saluto che usavano i combattenti nazionalisti monarchici serbi della II Guerra Mondiale, i così detti četnici, indica i tre fondamenti del nazionalismo serbo: Dio, Patria e Famiglia (o in altri casi Dio, Re e Famiglia).
    In effetti Andrea è una storia lunga, ma ci vedremo fra due settimane, ti farò assaggiare un po’ di gorki liker e magari ne parleremo.

  3. maria grazia Says:

    Sai un sacco di cose e le scrivi molto bene, hai sbagliato mestiere, dovevi fare il giornalista. Però in qualcosa ti smentisco, non credo che, come dici tu, i funzionari del ministero non conoscano la questione Serba, credo invece che la conoscano molto bene, non per niente ci sono i servizi segreti, quello che ci dicono è quello che hanno deciso di farci passare, complimenti per l’articolo mg

  4. Giuseppe-Adriano Moro Says:

    Secondo me sopravvaluti i servizi di informazione. L’Italia ha dimostrato sempre e costantemente di non capire nulla dei Balcani. Qua non c’è complotto, c’è incompetenza.

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