Non so se sia un bel titolo, ma il romanzo non è dei migliori. Al dilà di esagerazioni comprensibili dopo eventi meteorologici molto intensi, la serie di tempeste che si è abbattuta da poco sul Friuli ci deve costringere a fare una riflessione.

Durante una tempesta estiva alla fine di giugno 2017
Il clima sta cambiando, lentamente ma inesorabilmente. Forse meno lentamente di quanto gradiremmo. Sulle cause del cambiamento climatico il dibattito è molto acceso, si sono riempite migliaia di pagine e si sono scritti milioni di post su tutti i social media, ma sul fatto che ci sia un cambiamento in corso sembra che siamo tutti concordi.
Poco tempo fa ne ho scritto sul mio blog “più scientifico” in un articolo intitolato Adattarsi.
Torniamo in Friuli. Le tempeste dell’altro ieri (10 agosto 2017) hanno generato venti molto veloci, che hanno provocato ingenti danni al suolo. Alcune stazioni hanno registrato velocità attorni a 120 km/h, ma dalla mia esperienza di convivenza con la Bora, quello che ho visto fuori casa non si giustificava con meno di 150 km/h, sostenuti per almeno un minuto. Ho visto volare di tutto anche a sei – otto metri da terra. Fra le altre cose, un bidone dell’immondizia è passato a tutta velocità fuori dalla finestra del mio soggiorno, al secondo piano di una palazzina in zona Udine Nord.
Oggi sul Messaggero Veneto (il giornale locale del Friuli) leggo un articolo relativo ai danni subiti dall’agricoltura (leggi qui).
La scarsità di precipitazioni che ha colpito il Friuli a partire dall’autunno 2016 è stata piuttosto rilevante e ha culminato con una precoce siccità estiva. Questo ha indotto la Regione ad applicare una deroga al deflusso minimo vitale, per consentire la derivazione dell’acqua dal fiume e garantire un apporto irriguo tale da salvare i raccolti. A quanto ho capito il sacrificio del fiume non è stato sufficiente e i danni da siccità si sono comunque verificati, anche se credo in misura minore rispetto a quanto sarebbe accaduto senza irrigazione.
Ora le colture, e in particolare mais, vigneti e pioppeti, sono stati colpiti da queste tempeste. Il mais aveva sofferto la siccità, intervenuta in una fase delicata della crescita delle piante, ora si trova abbattuto dai venti delle tempeste. In queste condizioni molti campi sono di fatto inutilizzabili per il raccolto e il danno per le aziende è elevato.
Il grosso problema è che tutto questo non è rimediabile. Noi non sappiamo dominare gli eventi atmosferici, con buona pace dei complottisti, non conosciamo un modo per impedire a questi venti velocissimi di abbattere le piante di mais, divelgere i filari di viti, spezzare i pioppi. Le tempeste arrivano, sempre più frequentemente e sempre più potenti, e i nostri agricoltori non ci possono fare nulla, se non assicurarsi.
Il punto è che una compagnia assicurativa non è un ente benefico, con l’aumento delle frequenza dei sinistri, deve per forza alzare i premi e potrebbe addirittura arrivare al punto da rifiutare la copertura quando dovesse valutare che il rischio sia troppo elevato.
E anche se le assicurazioni continuassero a coprire le imprese agricole, non si può andare avanti per sempre. Consideriamo che le tempeste nascono grazie alla grande disponibilità di energia in atmosfera. In soldoni: più il Sole scalda i bassi strati dell’atmosfera, il suolo e i mari, più è probabile che si formino tempeste violente.
Considerato l’andamento del clima, siamo tentati di minimizzare guardando le medie. Ma attenzione, un aumento di temperatura media di una frazione di grado centigrado, può significare aumenti molto rilevanti dei massimi!
Nel cambiamento in corso le siccità diverranno sempre più frequenti, lunghe e intense e le tempeste di pari passo saranno più potenti e frequenti. Questo ci costringe a ripensare non solo il nostro stile di vita, ma anche a rivedere il nostro sistema produttivo agricolo, per adattarlo a nuove condizioni che potrebbero essere letali per le imprese, se dovessero fronteggiare annate ripetute di perdite finanziarie. Siamo chiari: un’azienda agricola è un’azienda, sopravvive se c’è un utile. Può assorbire un anno sfavorevole, forse due, diciamo tre se l’azienda è molto sana e ha patrimonio, ma se il cambiamento climatico continuerà a ridurre la produttività dei nostri campi utilizzando le culture ora impiegate, dovremo per forza decidere se ostinarci a continuare come oggi e rischiare di vedere impoverire i nostri agricoltori, o se provare con nuove colture e metodi di coltivazione per consentire alla nostra terra di essere ancora produttiva in un mondo che cambia.
Tag: Adattamento, Caldo, Cambiamento climatico, Clima, Coltivazione, Danni all'agricoltura, Impresa, Innovazione, Investimenti, Mais, Meteorologia, Pioppeto, Politica agricola, Siccità, Tempesta, Tromba d'Aria, Vento, Vigneto
Rispondi