20200421 giorno 42 delle misure di contenimento
Plui cûl che sintiment?
(Più fortuna che intelligenza?)
16:26
Del senno di poi sono piene le fosse. All’inizio di marzo, esaminando i dati (parziali) resi pubblici dalle autorità italiane avevo fatto qualche calcolo. In base a questi calcoli avevo individuato una data in cui probabilmente la curva del numero di ammalati avrebbe raggiunto il punto di flesso. Ma non ne parlai ad altri che mia moglie. La notizia non era eccellente, perché il flesso, in una curva che supponevo grossolanamente simmetrica, avrebbe dovuto trovarsi a metà strada fra l’inizio del calvario e il famoso “picco”, ovvero il massimo dei malati contemporaneamente presenti sul territorio nazionale. I miei calcoli suggerivano una reclusione più lunga di quanto desiderassi, vedremo poi perché.
Non ne parlai con nessun altro per due motivi:
- sono stato formato per essere uno scienziato, se mi rendo conto di avere dati di cui non conosco esattamente ogni pregio e difetto, non dichiaro le mie ipotesi, sarebbero illazioni;
- troppi epidemiologi dilettanti stavano sparando date a casaccio, mentre quelli seri tacevano ripetendo che bisognava aspettare per capire come sarebbero andate le cose.
Bisognava validare il modello e per farlo era necessario fare una previsione, metterla nel cassetto, aspettare che passasse il tempo, confrontare quanto osservato giorno per giorno con la nostra previsione. Se le previsioni di discostano poco dalle osservazioni, il modello è buono. La faccio più semplice di quanto sia nella pratica. Questo processo di validazione è assolutamente alieno dalla mentalità comune, come da quella di alcuni speudo-scienziati sputasentenze. Capiamoci, avere una laurea in materie scientifiche e magari una posizione importante, non rende qualcuno uno scienziato serio.
Oggi è il 21 aprile e posso confessare che la mia previsione per il punto di flesso era attorno al 25 marzo 2020. Prevedevo cioè che attorno a quella data (giorno più, giorno meno) la pendenza della curva sottesa dai dati di “numero malati” comunicati quotidianamente dalla Protezione Civile avrebbe iniziato a diminuire. Questo è un punto di flesso, letteralmente. La curva continua ad andare verso l’alto, ma più lentamente.
Esaminando oggi la curva sulla pagina web dedicata dalla ProteC, mi rendo conto che il flesso è stato più o meno fra 23 e 28 marzo, ovvero avevo indovinato! Con calcoli banali basati su dati che, per quanto incompleti, sono stati evidentemente raccolti in modo più uniforme di quanto pensassimo.
Parlando di validazione dei dati, questo osservazione conferma anche qualcosa sul piano personale: il professor Roberto Bono (oggi ordinario presso l’Università di Torino), che fu il mio docente di Igiene all’Università di Trieste, mi ha insegnato molto bene i principi dell’epidemiologia (oltre vent’anni fa). Questi sono gli effetti duraturi del lavoro di un bravo insegnante.
Torniamo al perché la mia previsione non era tanto “simpatica”. Il mio rozzissimo modellino epidemiologico prevedeva una curva simmetrica. Già così non ci piace: simmetria significa che tanto tempo è passato fra inizio e picco, tanto ne deve passare fra picco e fine. Sono molte settimane e io voglio andare in montagna, altro che isolamento!
Questa simmetria poi non è per nulla scontata. Anzi, funzionerebbe bene solamente se ci fossimo ammalati in tantissimi e quindi col passare del tempo il numero di casi “risolti” (guarito o morto) fossero diventati talmente grandi da superare il numero totale dei potenziali nuovi ammalati. A quel punto in povero virus (povero un c….) volando fuori da un paziente atterrerebbe probabilmente sulle mucose di qualcuno il cui sistema immunitario è già pronto a massacrarlo. Questo era l’obiettivo di cui parlavano gli epidemiologi inglesi e, ripreso dal Prime Minister Johnson, ha fatto scatenare un putiferio.
Così però non è stato. Abbiamo messo in atto misure di contenimento che hanno determinato un numero stimato di “casi” totali pari a 181.228 (dati più aggiornati mentre scrivo). La popolazione italiana, considerando solo quella, è di 60,5 milioni di persone. Significa che, ammettendo che ogni “caso” si risolva con una condizione di non più suscettibile di infezione, abbiamo ridotto il numero di potenziali ammalati del 0,29% circa. Ipotizzando che sia vero, come molti dicono, che abbiamo rilevato appena il 20% dei casi reali, significherebbe che al momento è passata per il 1,48% della popolazione italiana, ma il 98,51% dei nostri concittadini è ancora potenzialmente infettabile. Detto in parole povere: là fuori ci sono molti milioni di ospiti adatti a SARS-CoV-2 e l’unico modo che abbiamo per fare scendere la curva del numero di malati è … non modificare le misure di contenimento.
Se non lo faremo, ci sono due ipotesi possibili:
- sbagliamo di brutto e la curva tornerà a salire non appena si presenterà l’occasione;
- sbagliamo poco e la curva scenderà più lentamente del voluto.
Notate bene, nella mia ipotesi grezza le condizioni attuali non cambierebbero. Ovvero, si manterrebbero le misure di contenimento e l’arrivo del caldo estivo non farebbe “friggere” il virus. Se il caldo avesse effetto, potremmo aspettarci una picchiata decisa della curva (il caldo funzionerebbe come disinfezione totale dell’ambiente), a quel punto però dovremmo preoccuparci dei serbatoi. Ad esempio, siamo sicuri che farà abbastanza caldo per azzerare la presenza del virus SARS-CoV-2 a Nord (intendo in Svezia, non a Timau)? E siamo poi sicuri che il caldo porti a zero i casi? Ci sono diverse informazioni che permettono a quelli più bravi di me di fare qualche previsione, ipotizzando diversi scenari, ma io non ne dispongo e non sono così bravo.
Quindi, continuo a tenere in famiglia gli esiti dei miei calcoli, fiducioso nel fatto che quelli bravi ci stiano lavorando sul serio, con dati migliori di quelli di cui dispongo io, e ingenuamente fiducioso nel fatto che gli italiani ascolteranno e apprezzeranno le loro indicazioni.
Tag: covid-19, delirante, Distanziamento sociale, Italy, Misure di contenimento, Pandemia, Pandemic
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