È il venerdì “santo” per coloro che appartengono alle chiese cristiane occidentali. In questo giorno, convenzionalmente, si fa ricadere la ricorrenza della passione di Gesù.
Ho incontrato molte madri nel mio mezzo secolo di vita, di molte altre ho sentito raccontare, o ne ho letto. Madri che per proteggere i propri figli hanno fatto di tutto, pure sacrificare la propria vita. Solo una madre, di cui ho avuto notizia, fa eccezione.
Maria di Nazareth, lasciando per ora da parte ogni considerazione sulla miracolosa partenogenesi, ha portato in grembo Gesù, lo ha partorito, nutrito, cresciuto e infine lo ha accompagnato al patibolo, senza obiettare. Questa è l’unica madre di cui ho notizia ad avere accettato il sacrificio del proprio figlio per salvare quelli di ogni altra donna.
Non sto ora a spiegarvi la mia teologia eretica, ma se Gesù, per quanto uomo nel corpo, doveva essere conscio della propria natura spirituale, per Maria quel giorno fu l’apice di una fede profonda. Anzi, potremmo dire che Maria non aveva semplicemente fede, sapeva. Era probabilmente l’unica, oltre a Gesù stesso, ad avere perfetta conoscenza della natura di quel suo figlio.
Ci penso spesso, nelle meditazioni e a volte vagando con la mente. È contemplare qualcosa di molto più straordinario rispetto ad azioni come moltiplicare pani e pesci, guarire storpi o mutare l’acqua in vino.