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Competitivo

settembre 27, 2021

Non sono un tipo competitivo. Ho sempre evitato le gare, non per paura di ammettere la mia ovvia inferiorità a fronte di una sconfitta. Semplicemente non sono competitivo.

Eppure a volte capitano episodi interessanti.

In piscina, vasca corta (25m) dopo un’estate passata a sguazzare in quella da 50m, dico sguazzare perché “allenarmi” presuporrebbe dei risultati che non ci sono manco per sbaglio. Parto un paio di secondi dopo il tizio nella corsia accanto, che più o meno ha tenuto un ritmo uguale al mio fino a quel momento. Per qualche motivo, finiamo testa a testa. Mi accorgo che dopo avermi visto, accelera. Alla fine della prima vasca è mezzo metro avanti. Facciamo inversione come tutti noi scarsi, restando dritti.

Alla fine della seconda vasca sono un po’ più indietro. Ai 100m la mia testa è all’altezza dei suoi polpacci. Continuo col mio solito ritmo.

A 150 m ormai vedo solo la punta delle sue dita dei piedi quando respiro da quel lato. E lì, mi parte una voglia irrefrenabile di arrivare primo. Inversione rapida, spingo bene con le gambe e inizio a forzare un po’ la bracciata. A 175 m siamo di nuovo testa a testa. A questo punto mi appello all’aiuto di San Carlo (Pedersoli) e decido di fare la capovolta, che mi cava fiato ma è molto più veloce. Schizzo via e inizio a forzare sul serio, come il Phelps dei poverissimi. A 200m i miei piedi sono nettamente davanti alla sua testa. Gli ho preso almeno 2 metri in appena 25.

Non sono un tipo competitivo, però se ti affianco, non devi accelerare.

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agosto 4, 2021

Poco più di un mese fa sono tornato in piscina, dopo la “pausa CoViD” durata più di un anno. In estate a Udine si può usare la piscina da 50m all’aperto. Alla prima vasca del primo giorno, arrivato al bordo, mi sono fermato a sfiatare sconcertato e stupito per l’incapacità di fare di più.

Quel giorno ho fatto 10 vasche stile libero, una alla volta. Oggi sono entrato in acqua e ho fatto una serie da 10 vasche per scaldarmi, seguita da altre due, per un totale di 1500 metri. Ai 220m della terza serie mi sono venuti i crampi a un piede. Ho proseguito stringendo i denti, poi ho afferrato la pool buoy che avevo lasciato appoggiata a bordo vasca e ho completato la serie con quella a sostenere le gambe.

Quando il corpo inizia a dirmi “fermati”, so che lo fa per paura di spendere troppp. Interrogo i muscoli e i tendini, se non ci sono lamentele, continuo, ma aumento il ritmo. Perché solo così la prossima volta avrò più resistenza e forza.

Ogni volta miglioro impercettibilmente. Ci vuole pazienza, ogni progresso è un premio. Finisco sempre l’ultima vasca arrancando, mentre tento disperatamente di accelerare ancora. Torno a casa e sono distrutto. Mi metto di nuovo al computer, il nuoto è la mia pausa pranzo. Invece di un buon panino unto, 1,5 km stile libero. Dopo un’ora mi viene un sonno pazzesco, allora cambio lavoro, per stimolare la mente. Con il lavoro non si può forzare, perché il cervello, per lo meno il mio, non risponde come muscoli scheletrici, cuore e fegato. Se il cervello si affatica, va in blocco e, invece di fare un buon lavoro, si fanno una marea di errori, che dovranno essere corretti domani mattina, o rimarranno lì a rovinare il prodotto.