Posts Tagged ‘Sicurezza’

Disinfezioni

Maggio 20, 2021
Disinfezione finale con UV naturali

L’uso delle mascherine per la prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 è diventato un’abitudine. Usiamo le mascherine di tipo “chirurgico” per ridurre l’emissione di goccioline che potrebbero veicolare i virus dal nostro apparato respiratorio nell’aria circostante, oppure le mascherine filtranti tipo FFP2 per ridurre anche la probabilità che una gocciolina emessa da altri venga inalata e porti i virus dentro il nostro corpo.

Le mascherine vanno cambiate, perché si suppone che, da un lato o dall’altro, possano avere una certa quantità di virus sulla loro superficie. Più aria schermano o filtrano, più è probabile che i virus intercettati si muovano comunque e raggiungano l’obiettivo. Un’alternativa al cambio della mascherina è la sua disinfezione molto accurata. Come risulta efficace il lavaggio delle mani, lo è anche quello di ogni oggetto, mascherine comprese. Il SARS-CoV-2 è un virus ricoperto da membrana fosfolipidica, quindi dei tensioattivi (sapone e simili) la danneggiano irrimediabilmente. Un altro metodo è usare alcol etilico, la cui principale proprietà è quella di riuscire a indurre alterazioni non solo sulla membrana fosfolipidica, ma anche sulle proteine esposte (fra cui le famose spike). Un altro metodo per la disinfezione si basa sul fatto che i raggi ultravioletti (o UV) danneggiano gli acidi nucleici, compreso il RNA virale.

Come sappiamo bene gli UV solari possono danneggiare seriamente le nostre cellule, se non sono protette adeguatamente. Nel nostro caso sotto lo strato esterno della pelle c’è uno strato che contiene cellule con melanina. Chi è bianco come una mozzarella, come me, in mezz’ora al sole diventa rosso, ovvero manifesta i sintomi di un’infiammazione dovuta ai danni che gli UV provocano ai tessuti. Sappiamo anche che a volte va peggio e gli UV riescono a creare danni al nostro DNA tali da trasformare una cellula normale in una cellula tumorale. Nel caso del nostro dannato virus SARS-CoV-2 gli UV funzionano piuttosto bene e ne è prova il fatto che ogni primavera, sia 2020 che 2021, l’incidenza di CoViD-19 è calata rapidamente.

Quello che vedete in foto è un “trucco” che adotto per riutilizzare delle mascherine FFP2 che ho indossato per periodi di tempo brevi. Quella più vicina è stata indossata per mezz’ora, di cui venti minuti all’aperto in strada quasi deserta e 10 minuti nella struttura per i prelievi a tampone, dove ho incontrato solamente due sanitari che indossavano tutti i dispositivi atti a impedire scambi di virus. L’altra l’ho usata in totale per due ore, a più riprese, in situazioni meno ideali, ovvero al supermercato. Quando mi imbarcherò su un aereo mi vedranno estrarre platealmente una FFP2 nuova dalla sua busta sigillata, a cui dovrò sovrapporre una mascherina chirurgica perché il regolamento (secondo il personale di terra che ho incontrato finora) dice “chirurgica” e non aggiunge “o protezione superiore”. Io in un tubo chiuso con la semplice chirurgica non ci entro, anche perché non ho ancora ricevuto la vaccinazione completa.

Le mascherine vengono prima lavate utilizzando tensioattivi e disinfettanti. Al momento uso una miscela commerciale che viene proposta per disinfettare gli abiti e ridurre i cattivi odori. Contiene tensioattivi e una sostanza che libera ossigeno radicalico, ovvero ossida parecchio, un po’ come perossido di idrogeno (acqua ossigenata). Non è una soluzione specifica per i virus, in genere si usa per i batteri e i funghi, ma funziona anche sui virus perché danneggia la membrana e le proteine esposte. Dopo di che, espongo al sole le mascherine, che si asciugano e ricevono una dose di UV sufficiente a farmi assumere la colorazione di un gambero bollito.

Il limite delle 8 ore. Si sa che gran parte delle mascherine FFP2 hanno un limite di utilizzo temporale pari a 8 ore. In realtà si tratta di un limite convenzionale legato al fatto che sono dispositivi di protezione individuale usati sul lavoro, dove il turno completo è pari, appunto, a 8 ore. Nella realtà, come per tutti i filtri, la loro efficacia è legata a una serie di fattori che sono molto variabili, in base all’ambiente in cui ci troviamo e alle caratteristiche di ciò che vogliamo bloccare. Personalmente, disinfetto le FFP2 dopo ogni uso e comunque non le indosso per più di 6 ore complessive.

Il risultato di questo comportamento è che, toccando ferro, legno e gonadi, dopo 15 mesi di pandemia sono ancora negativo al test per SARS-CoV-2. Mi raccomando però, bisogna essere rigorosi nella gestione dei dispositivi di protezione, se si è poco disposti o inclini al rigore “da laboratorio”, è meglio buttare via tutto e usare una mascherina nuova.

Falsa sicurezza

agosto 22, 2019

Qualche giorno fa un escursionista francese è morto in Cilento a causa di un grave incidente. Caduto da un dirupo (o da un pendio molto ripido), le lesioni riportate ne hanno determinato la morte. Prima di perdere conoscenza il ferito è riuscito a chiedere aiuto usando il proprio telefono. Sono seguiti giorni di ricerche, il cui esito è stato quello di trovarne il cadavere.

Immediatamente, come c’era da aspettarselo, maree di polemiche e sentenze vomitate (ormai sputarle è poco). Leggendo i commenti su varie pagine FaceBook che si suppone siano frequentate da persone avvezze alla frequentazione della montagna, ho constatato una serie di idiozie pazzesche, ma anche alcune terrificanti ed errate convinzioni.

Quella che più mi preoccupa è l’idea, diffusissima, che il contatto telefonico sia sempre possibile. Si invoca l’uso di app particolari, che permettano la geolocalizzazione di chi chiede soccorso e inviino la posizione del ferito (o disperso) a una centrale operativa.

Ho avuto modo di installare una di queste app e di provarne l’uso. Non dico quale, perché fare una recensione non è lo scopo del mio articolo. Per farla breve, nella gran parte dei casi in cui mi trovavo in montagna da solo, per motivi di lavoro oltre tutto, la app non poteva segnalare la mia posizione perché mi trovavo in zone prive di segnale della rete telefonica. Nessun segnale, nemmeno attivando il roaming con fornitori diversi dal mio e con quelli degli stati confinanti. Nessun segnale. L’unica informazione utile inviata al database (che raccoglie i dati degli utenti) era la posizione rilevata qualche minuto prima di entrare nella zona d’ombra. Posizione che a volte era prossima al luogo dove avevo parcheggiato l’auto, altre volte ancora più a valle. In pratica, la app forniva al gestore le stesse informazioni che aveva mia moglie: andrò in questo posto, accederò da questa strada e parcheggerò in questo punto, poi presumo di seguire questo percorso. Presumo. Ripeto, presumo.

Molti hanno invocato l’uso dei droni. I droni hanno il vantaggio di costare meno degli elicotteri, ma hanno una funzione simile: sorvolano una zona di ricerca e inviano immagini a un operatore che tenta di individuare un disperso. I droni non fanno miracoli e non sono dotati dei sensori fantascientifici che i telefilm pseudo polizieschi e a tema spionaggio ci spacciano come comuni. I droni inoltre sono tanto più efficaci quanto più la zona SAR (Search And Rescue – zona di ricerca e salvataggio) è ristretta.

Nel caso dello sfortunato escursionista in Cilento, la zona SAR era grande perché mancava una localizzazione e (a quanto ho capito) il telefono aveva agganciato un ripetitore lontano dal luogo in cui era avvenuto l’incidente.

Eh ma se avesse inviato continuamente la sua posizione. Se avesse avuto le ali sarebbe ancora vivo. Ma dove vado io non si può inviare nulla e questa non è un’eccezione. Non sono io solo lo sfortunato che frequenta quel genere di luoghi. Ci sono altri professionisti, ad esempio i boscaioli, ci sono i tecnici forestali, i raccoglitori di funghi. Questi ultimi cadono come mosche a ogni stagione e ritrovarli è sempre una faccenda risolta con le classiche operazioni SAR a terra, coi volontari del CNSAS e operatori di alcuni corpi dello Stato.

Che vogliamo fare? Vogliamo vietare a chiunque di frequentare luoghi dove non c’è rete telefonica? Rendere obbligatorio il satellitare? Tranquilli, a volte non prende nemmeno quello! Allora … allora alcune cose:

  1. un pericolo è connaturato con qualunque attività umana, il rischio è più o meno elevato ed essere responsabili non significa annullarlo (impossibile!) ma gestirlo, ovvero ridurlo al minimo grazie a preparazione, scelte intelligenti, allenamento, attrezzature adeguate e strumenti avanzati;
  2. esistono strumenti per la segnalazione e ricerca di dispersi utilizzati in campi diversi dall’escursionismo, sono collaudati ed efficaci, oggi è possibile crearne di molto buoni e leggeri, con grande autonomia, da tenere nello zaino, continuo a chiedermi da alcuni anni perché si eviti di mettere a punto e commercializzare qualcosa del genere;
  3. chi frequenta la montagna solo per andare in scarpe da ginnastica dal parcheggio del rifugio Auronzo a Sella Lavaredo, dovrebbe avere la decenza di non mettere le sue opinioni da inesperto al pari col parere di chi sa veramente di cosa sta parlando.

Eh si, lo so, non si va mai da soli! Sacrosanto e vero. Purtroppo per me, in molti casi una giornata di lavoro viene pagata talmente poco che a malapena mi permette di sopravvivere, se andassimo in due dovremmo dividere e non potremmo certamente pagare affitti, mutui, bollette e cibo (non dico le vacanze alle Seychelles o una cena nel ristorante stellato, parlo della base). Scusate la confidenza, io ho spesso paura, a volte tanta paura, e forse questo mi ha fatto rimanere vivo fino a (quasi) 48 anni.

 

Sbarchi zero

gennaio 21, 2019

La questione immigrazione, in particolare il fenomeno dell’immigrazione non regolare attraverso il Mediterraneo, mette in evidenza alcuni fatti che è importante considerare, oltre all’uso strumentale che viene fatto in Italia dell’argomento.

Ciò che è evidente, a meno che non si sia ciechi e sordi, è che esiste una parte di mondo, a Sud del Mediterraneo, le cui vicende determinano effetti sull’Italia. Chiamiamolo uno “spazio di influenza”, anche se il termine può trarre in inganno.

I venti sul Mediterraneo oggi ( da earth.nullschool.net)

In quell’area l’Italia non è molto influente, ma ciò che vi accade (more…)