Nel corso delle celebrazioni per il 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, che dettero avvio al processo di formazione della Comunità Economica Europea e poi dell’Unione Europea, secondo la stampa italiana molti capi di stato e di governo si sono soffermati sull’importanza del dono che l’unità europea ha determinato per i nostri popoli: pace. Una pace che, nei servizi giornalistici viene indicata come “lunga sessant’anni”, altre volte “settant’anni”. Una imprecisione talmente grossolana da apparire più come una tragica menzogna, nemmeno lo facessero apposta per screditare i valori dell’unità europea, invece di celebrarli.
Certo, siamo troppo impegnati a dare alla moneta unica la responsabilità delle conseguenze di una crisi globale e dello spostamento dei centri di produzione nei paesi asiatici. Siamo troppo distratti per considerare le cose come stanno realmente e renderci conto di quale sia il nostro vero interesse.
La guerra manca dal suolo dell’Italia, della Francia, della Germania, dal 1945. Dunque sono 72 anni che nessuno combatte sul nostro territorio, ma l’Europa non finisce qui ed è profondamente scorretto fingere di non sapere che la guerra c’è stata ben dopo in una parte d’Europa che non è di secondaria importanza. Io sono nato e cresciuto in Friuli, dunque la guerra per me è qualcosa di raccontato, non di vissuto, ma gli ultimi racconti non sono quelli di mia nonna e dei miei genitori, che vissero la II Guerra Mondiale. I racconti di guerra li ascoltai direttamente dai combattenti in licenza, o da chi stava fuggendo di fronte ai combattimenti e alla pulizia etnica, li ascoltai negli anni ’90 del secolo scorso, appena 20 – 25 anni fa, da amici e conoscenti che venivano dalla Serbia e dalla Croazia. Forse questi paesi, e la Bosnia e il Kosovo, non fanno parte dell’Europa?
Ho scritto molte volte sulla mancanza di conoscenza (more…)